Responsabilità dei sindaci di s.r.l. per l’illecita gestione degli amministratori

Riprendendo un (ormai) consolidato orientamento Giurisprudenziale formatosi nel corso degli ultimi anni (Cass. Civ. 29 dicembre 2017, n. 31204Cass. Civ. 3 luglio 2017, n. 16314Cass. Civ. 13 giugno 2014, n. 13517Cass. Civ. 27 maggio 2013, n. 13081) la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18770 del 12 luglio 2019, è tornata a pronunciarsi sul tema dell’estensione della responsabilità dei sindaci di società di capitali per mala gestio degli amministratori, affermando che la stessa sussiste ogniqualvolta l’eventuale adozione, da parte del collegio sindacale, di uno dei provvedimenti connessi alla carica, avrebbe ragionevolmente potuto evitare (o limitare) l’attività illecita degli amministratori.

Nel caso di specie, la Suprema Corte precisa che l’inerzia dei sindaci nella vigilanza e nell’attivazione dei propri poteri non può ritenersi scusata o giustificata dal rilievo (dagli stessi sollevato) di essere stati tenuti all’oscuro della condotta illecita dagli amministratori, nè tantomeno di avere assunto la carica successivamente alla realizzazione delle condotte dannose, rilevando come (nel caso specifico) anche in epoca successiva l’adozione dei provvedimenti riservati ai sindaci avrebbe consentito di evitare (o limitare) il danno subito dalla società  a causa delle illecite condotte degli amministratori.

La Corte di Cassazione, pur precisando che affinché sussista responsabilità dei sindaci è in ogni caso necessario che ricorra una loro condotta (almeno) colposa e che tale condotta sia in un rapporto di causalità con il danno subito dalla società, parte dal presupposto che il principale dovere del collegio sindacale sia proprio quello di vigilare sulla corretta amministrazione da parte degli amministratori (cfr. articolo 2407, c. 2, c.c.) e, su tale base, essa afferma che per ritenere violato tale dovere di vigilanza non serve arrivare a individuare (e provare) specifici comportamenti dei sindaci contrari a tale dovere, bastando invece dedurre come gli stessi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non adempiere l’incarico con la dovuta diligenza e professionalità qualificata ad essi richiesta.

Sulla scorta di tale principio, per affermare la responsabilità del sindaco sarà dunque sufficiente evidenziare l’omissione di un atto proprio del suo ruolo, quale la segnalazione all’assemblea delle irregolarità gestorie o l’impiego di quegli altri strumenti, accordati al collegio sindacale, più idonei a impedire, fermare o limitare il protrarsi dell’illegittimità della gestione, contenendo così le conseguenze negative per il patrimonio sociale.

A quel punto, dato atto della mancata attivazione del sindaco e del nesso di causalità fra tale omissione e il danno subito dalla società, spetterà ai membri del collegio sindacale, per esimersi dalla responsabilità contro di essi invocata, dimostrare di aver correttamente, efficacemente e tempestivamente esercitato i poteri affidatigli dalla legge.

Nel caso di specie, la Suprema Corte, ritenuti i sindaci onerati della dimostrazione dell’assenza di colpa, ha evidenziato come questi ultimi non siano stati in grado di dare tale prova, a nulla rilevando che l’illiceità della gestione degli amministratori non trasparisse dalle relazioni degli amministratori (dovendo al contrario il collegio sindacale ricercare le informazioni adeguate in maniera autonoma e sganciata dalla mera informativa dall’organo gestorio) e nemmeno risultando esimente il fatto che i sindaci avessero assunto la carica dopo la commissione dell’illecito, poiché comunque essi rimarrebbero onerati di assumere tutte le informazioni necessarie per poi agire di conseguenza.

La decisione della Cassazione in commento risulta in piena linea con i precedenti sull’argomento, riconfermando il principio secondo cui al collegio sindacale deve ritenersi affidato uno specifico e profondo obbligo di vigilanza relativamente non solo alla gestione della società, ma anche all’adeguatezza dei sistemi controllo interno e contabile tali da dare una fedele rappresentazione della gestione da parte degli amministratori. Il potere/dovere  di controllo dei sindaci non può quindi ritenersi esaurito dal solo esame delle informazioni trasmesse dagli amministratori, ma deve ritenersi esteso all’utilizzo doveroso dei poteri di indagine ad essi attribuiti (con la conseguenza che la mancata informativa da parte dell’organo amministrativo non vale ad escludere la responsabilità dei sindaci).

L’obbligo di vigilanza che la legge (secondo l’interpretazione della Giurisprudenza) impone ai sindaci si concretizza pertanto in un monitoraggio concreto e costante della gestione, potendo (e dovendo) i sindaci, in presenza di informazioni insufficienti o lacunose da parte degli amministratori, attivarsi in proprio per acquisire gli elementi mancanti.